LA CITTA' OTTOMANA E LE SUE ARCHITETTURE
Prof.ssa Arch. Ewa Jolanta Karwacka
Docente in Storia dell'Architettura presso la Facoltà di Ingegneria dell'Università di Pisa
e.karwacka@ing.unipi.it
http://www2.ing.unipi.it/~d8485/
La città ottomana
L’invasione di Maometto II nel 1466 segnò la chiusura di una lunga e straordinaria stagione dell’architettura romana- bizantina di Skampis, ma aprì nello stesso tempo una fase molto significativa per lo sviluppo urbanistico e architettonico di Elbasan. Dopo più di quattro secoli dell’occupazione ottomana, la città, includendo il castello romano/bizantino, si estese largamente al di fuori dell’ antico recinto e acquisì un peculiare assetto viario e la sagoma segnata da minareti e da cupole che, assieme alle singolari strutture edilizie, le dettero il carattere orientale. Tale realtà di indubbio valore storico e architettonico - che oggi è testimoniata solo in parte a causa delle distruzioni e nuove edificazioni avvenute a più riprese nel secolo scorso - meritava di essere studiata per tramandare la memoria e offrire uno strumento utile per le future trasformazioni della città.
In questo tentativo di ricostruzione della fase ottomana, che ha compreso l’esame dell’impianto urbanistico e delle sue emergenze monumentali quali edifici pubblici e religiosi, la pianta della città redatta dall’Istituto Geografico Militare Italiano nel 1938 ha costituito un’importante strumento di lavoro. Essa mostra, infatti, la conformazione dell’intero abitato ancora non segnata dalle successive demolizioni e trasformazioni.
Lo studio ha trattato la trasformazione ottomana del castrum romano/bizantino Skampis, nonché la formazione della nuova città, sviluppatasi a sud, e poi a est e ovest, del recinto difensivo. La configurazione dell’interno della kalà cambiò gradualmente e si distinse per la densità delle nuove costruzioni e per la compresenza degli edifici di culto cristiano e islamico. Le strade presero, secondo consuetudine ottomana, i percorsi liberi, modificando notevolmente il preesistente tracciato ortogonale. In questo nuovo sistema di passaggi e di vicoli labirintici, venne mantenuto, però, il vecchio decumano (via Reale), delimitato da due porte Reali, lungo cui si instaurarono le strutture ricettive e gli edifici pubblici, testimoniati oggi dai bagni pubblici. Lo sviluppo della nuova città avvenne, invece, per addizioni dei nuclei edilizi formatisi attorno alle moschee. Nella nuova configurazione urbanistica, le moschee, con le loro piazze irregolari davanti, divennero, dunque, un’ elemento coordinante e strutturalmente determinante. L’intenso sviluppo delle attività commerciali, avvenuto soprattutto nel XVII sec., influì sul potenziamento delle strutture commerciali/artigianali e ricettive della città. Il grande bazar, formatosi nella zona immediatamente confinante con la kalà e articolato da otto strade principali che delimitavano gli stretti isolati con le botteghe, ospitava negli anni trenta dell’Ottocento addirittura circa 580 botteghe.
L’architettura di questo periodo, caratterizzata da una fusione di cultura ottomana con quella locale, come lo testimoniano gli edifici di varie tipologie ancora conservati, rappresenta un’importante eredità della cultura albanese, avendo raggiunto nelle moschee, nelle chiese e nei bagni pubblici indubbiamente alti livelli. Per ciò che riguarda gli edifici di culto islamico, la massima espressione stilistica venne ottenuta nella moschea Aga, attribuita all’architetto elbasanita Mehmet Aga Biçakçiu, e in quella Nazireshe che si rivela un interessante esempio del mausoleo. Altrettanto significative risultano le testimonianze sopravvissute dei bagni pubblici che, con i loro impianti e le loro cupole, confermano la bravura dei costruttori albanesi.
La torre di orologio, infine, costituisce un significativo segno della cultura occidentale introdotta nel XVII sec. a seguito dei contatti con le civiltà europee.
Tra la fine del XVIII sec. e l’inizio del XIX Elbasan divenne uno dei centri principali del paese, a cui corrispondeva un tessuto edilizio di 200 case e 900 negozi, due bagni pubblici, un grande bazar, varie locande, nonché numerose moschee e chiese cristiane.(cfr. figg.1 e 2)
Gli edifici di culto cristiano a Elbasan
Partendo dalla genesi degli edifici cristiani nell’età bizantina, lo studio si sofferma sulle chiese postbizantine edificate dai cristiani, nel primo periodo ottomano, lontano dall’abitato ottomano. Pur essendo concessa a Elbasan la libertà di culto, i cristiani si scontrarono di fatto fino alla fine del’ 500 con la politica fiscale e le misure discriminatorie tali che li costrinsero ad abbandonare la città e a sviluppare gli insediamenti nella campagna circostante. Su questi presupposti si devono interpretare le costruzioni , nel 1554, delle due chiese cristiane di Shën Koll a Shelcan e Shën Premt a Valesh, importanti esempi delle basiliche longitudinali postbizantine in Albania, rese preziose dallo straordinario intervento artistico del pittore Onufri che ne affrescò gli interni. Nella chiesa di Shën Koll a Shelcan, costruita nel 1554 incorporando le strutture preesistenti del XIV sec., la decorazione pittorica ad affresco si sviluppa su livelli differenti e porta la firma di Onufri, forse il più importante dei pittori albanesi del XVI sec. Qui, per la prima volta in Albania, è stata eseguita da Onufri la pittura in affresco del programma d’iconostasi da muro (scoperta nel 1951 dallo studioso Theofan Popa).
Solo nel clima più tollerante verso i cristiani, manifestatosi in particolare dall’inizio del ‘600, sorse la chiesa di santa Maria della Dormizione all’interno della kalà, situata a nord della via Reale, quasi a pendant della non lontana moschea che, con la sua forma monumentale assunta definitivamente nel terzo decennio dell’800, manifestò un’ accresciuto ruolo della comunità cristiana a Elbasan.
La ricerca ha individuato, inoltre, altre presenze in città degli edifici religiosi cristiani, ortodossi e cattolici.
La chiesa di santa Maria della dormizione – un esempio significativo dell’architettura postbizantina
Per i valori architettonici e artistici che rappresenta e considerata una quasi totale assenza degli studi in merito, la chiesa di santa Maria della dormizione è stata oggetto di un’analisi storico architettonica singolare, effettuata anche sulla base del rilievo architettonico eseguito dagli studenti nell’ambito di questa ricerca.
Tale chiesa, esistente già nel 1661 e ricostruita negli anni 1826-33 dopo un devastante l’incendio avvenuto nel 1818, costituisce un esempio particolarmente interessante e sicuramente di alto valore nell’ambito dell’architettura postbizantina. La sua ristrutturazione si deve all’iniziativa dell’arcivescovo di Durazzo, Krisanth Karamanlisi, che fu il committente-ideatore della chiesa, e ai maestri di origine rumena, Stefo, Vlashi, Mitro, Zhapa, Gjergj Batani e Gjon, che hanno dimostrato un’elevata conoscenza della tecnica costruttiva e dell’intaglio della pietra. Si tratta dell’architettura segnata dalla semplicità all’esterno, ma connotata dal generoso uso delle coperture voltate all’interno: un volume prismatico, affiancato su due lati dai porticati, completamente occulta la complessa articolazione della grande basilica longitudinale coperta da cupole e da volte, unificando gli spazi che compongono le parti dell’aula, del nartece, della zona dell’altare sotto un unico tetto. Pur manifestando l’individualità nell’articolazione architettonica (espressa, ad esempio, nella soluzione dei porticati, delle coperture voltate degli spazi interni, nonché della decorazione architettonica e artistica), l’edificio trova chiari riferimenti nelle basiliche settecentesche di Gjirokaster, di Berat, di Korca e soprattutto di Voskopoje.
Tipicamente per l’architettura postbizantina, l’attenzione è focalizzata sui trattamenti dello spazio interno, che qui, con lo sfoggiare delle decorazioni architettoniche, pittoriche e scultoree, presenta un elevato livello artistico. Un’armonia dell’insieme è ottenuta grazie all’applicazione di simili motivi decorativi per le parti architettoniche e quelle di arredo che, comuni alla cultura popolare del luogo, dimostrano la sintesi tra la cultura bizantina e la tradizione locale. Particolarmente significativa nella definizione dello spazio interno della chiesa è la preziosa iconostasi scolpita in legno, una delle opere più importanti in questo genere, realizzata nel 1859 dallo studio del maestro Pjeter Filini, proveniente dalla regione di Reka. Le icone inserite nell’ apparato ligneo, e probabilmente ultimate prima della realizzazione di iconostasi, sono di mano di Mihal Anagosti da Samorina.
Una struttura, dunque, caratterizzata da un’interiorità pronunciata dello spazio che gioca con le forme e con le cromie- spazio, in cui i valori simbolici hanno una particolare importanza.
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