PROGETTI DI UTILIZZO DELLE RISORSE MONUMENTALI DELLA FORTEZZA DELLA KALA'

Prof. Ing. Roberto Pierini
Responsabile Scientifico del progetto
Docente in Urbanistica presso la Facoltà di Ingegneria dell'Università di Pisa
Prof. Pietro Ruschi
Docente in Restauro presso l'Università di Udine
r.pierini@ing.unipi.it
http://www2.ing.unipi.it/~d1307/
Pietro.Ruschi@DSTBC.uniud.it

Alcune note sul restauro
Pietro Ruschi
In Europa, nel corso di oltre due millenni, l’evoluzione delle armi ha determinato costanti e profondi mutamenti nell’architettura militare. Rispetto alle prime megalitiche realizzazioni di età micenea il castrum romano rappresentò un notevole affinamento sia sotto il pro? lo tipologico che costruttivo, ma fu anche strategicamente innovativo quale caposaldo seriale di un estesissimo sistema di controllo territoriale. Nel Medioevo, con l’esperienza delle crociate, l’evoluzione del tiro ossidionale causò profondi mutamenti nei castelli, ben evidenziati dal loro eccezionale sviluppo in altezza, dalla presenza di fossati, di grandi scarpe, di aerei ponti levatoi, di torri cavaliere; poi, fra il XV e il XVI secolo, l’avvento dell’artiglieria portò alla nascita del fronte bastionato dal pro? lo basso e dalle forme massicce e le alte cortine e le torri furono quasi ovunque abbassate o abbattute. Lo sviluppo dei cannoni, in grado di realizzare tiri sempre più distruttivi e di lunga gittata, in? ne, determinò forme sempre più evolute e muri sempre più spessi e terrapienati – si pensi alla complessità delle grandi fortificazioni urbane del Sei e del Settecento – ? no all’adozione, nel secolo scorso, del cemento armato. Tutti questi mutamenti, in maniera più o meno marcata, non riguardarono solo le fortezze di nuova costruzione, ma interessarono spesso le preesistenze e ancor più spesso le antiche cinte urbane, determinando la comparsa di postierle, torri, barbacani, puntoni, rivellini, etc. e comportando innumerevoli modi? che dell’impianto originario, con una conseguente stratigrafia muraria sempre più complessa. Un dato questo che appare comune a gran parte dell’architettura militare europea e del vicino Oriente. D'altro canto, a tale complessa e plurisecolare realtà si è contrapposta la progressiva perdita di funzioni che le fortificazioni hanno subito, divenuta definitiva dopo la ? ne del primo conflitto mondiale a fronte della comparsa di armamenti di tale potenza da rendere vana qualsiasi difesa fissa. Solo la straordinaria solidità delle loro mura e dei bastioni da un lato, dall’altro il loro progressivo adattamento a usi diversi, spesso di natura civile, ha fatto sì che molte di quelle fortezze si siano conservate ? no a oggi, sia pur ampiamente modificate. Nel caso delle cerchie murarie cittadine il problema si presenta assai variegato, in quanto ai mutamenti funzionali e strategici, a partire dall’Ottocento, si sono aggiunte nuove esigenze di carattere urbanistico, causando non di rado ampie demolizioni. Emblematico, in Italia, il caso di Firenze e di altre numerose città italiane. Proprio sotto tale aspetto, in Albania, Elbasan riveste un particolare interesse. Quella città, infatti, si presenta ancor oggi in gran parte racchiusa da un sistema quadrato di torri e cortine d’impianto romano, come conferma la tessitura regolare della sua pianta. Si tratta di un dato assai raro, perché nella maggior parte dei casi, i più fortunati, le strutture degli antichi castra limitanei si trovano oggi allo stato di rudere – sono numerosi gli esempi nei territori meridionali dell’impero –, ma più spesso sono stati inglobati nei tessuti edilizi cittadini, tanto da essere oggi identificabili solo grazie alla presenza di una maglia viaria ortogonale o di qualche frammento murario isolato. A Elbasan, singolarmente, l’impianto romano ha invece conservato intatto il suo disegno originario – canonicamente impostato su quattro porte in corrispondenza del cardo e del decumano e su un sistema di quattro torri angolari e sedici torri semicilindriche aggettanti a difesa delle cortine - anche se ovviamente innumerevoli sono state le demolizioni, le ricostruzioni e le trasformazioni realizzate nel corso dei secoli, in particolare durante l’occupazione ottomana. Il tratto settentrionale delle mura è in gran parte perduto, mancano alcune torri, alcune porte sono state demolite e in una di esse, quella meridionale, è stato realizzata una moschea. Particolarmente invasiva la presenza di alcune costruzioni che, in anni recenti, hanno inglobato considerevoli tratti di mura. Come è stato infatti verificato nel corso degli studi e documentato dai rilievi eseguiti nel corso di questa ricerca, la stratigrafia muraria si presenta oggi molto complessa ma, tutto sommato, le strutture superstiti appaiono, in modo raro, ancora sostanzialmente ben conservate. E’ dunque evidente come l’intervento restaurativo, in questo caso specifico, presenti aspetti di particolare difficoltà, trovandosi di fronte da un lato una testimonianza di rilevante valore storico e archeologico, dall’altro un tessuto urbano vitale che, nell’attuale momento storico dell’intera penisola balcanica, appare caratterizzato da forti sollecitazioni di natura sociale e urbanistica. Sollecitazioni che la stessa opera di restauro deve essere in grado di recepire utilizzando tutti gli strumenti necessari, sia di natura progettuale che funzionale. Sotto l’aspetto conservativo è noto che l’intervento di restauro deve muovere dall’esigenza d’individuare e analizzare tutte le vicende che nel tempo hanno determinato l’aspetto attuale del monumento, per poi criticamente rispettarle. Al riguardo, la scuola italiana, pur divisa in diversi filoni e nell’ambito di un dibattito spesso vivace e non privo di contrasti, dopo una più che secolare maturazione teorica, a partire da Camillo Boito per arrivare a Cesare Brandi, ? no agli attuali protagonisti, ha sempre posto al centro dell’intervento restaurativo la conservazione del valore testimoniale dell’opera d’arte: “monumento come documento”. Nell’architettura fortificata, tale finalità si presenta sufficientemente realistica nei casi di totale abbandono (il rudere), ma appare ben più difficile da raggiungere quando una pressante presenza militare e insediativa ha determinato innumerevoli trasformazioni attraverso un percorso, come nel caso di Elbasan, plurisecolare. L’intervento di restauro, di conseguenza, viene necessariamente a porsi in ancor più stretta connessione con la ricerca storica e con quella archeologica come, del resto, ? n dal 1931 raccomandava la Carta d’Atene. A tutto ciò si aggiunga il mutato, spesso alterato rapporto della fortificazione con la città e con l’ambiente circostante, tanto che lo stesso irreprensibile concetto di “conservazione integrata”, così come formulato nella Dichiarazione di Amsterdam del 1975, appare di non facile applicazione. E’ evidente come tutto ciò ampli il campo operativo, che dalla conservazione del rudere viene ad estendersi al restauro architettonico, al restauro urbano, al restauro del territorio, ponendo problemi sostanzialmente diversi, sia sotto il pro? lo analitico sia sotto quello metodologico, e aprendosi a complesse implicazioni di natura storica e culturale. A tale quadro, di per se composito, si aggiunge l’esigenza di collegare l’intervento restaurativo a una più vasta opera di recupero dello stesso contesto urbano, oggi spesso indirizzata a finalità non solo funzionali e urbanistiche ma anche culturali e turistiche, in grado di favorire la valorizzazione del bene e di garantire il necessario tornaconto agli investimenti necessari. Ne consegue che il restauro non può esimersi da affrontare problemi di natura più ampia e variegata, fermo restando che, come detto, l’istanza conservativa deve restare il ? ne principale e inderogabile. Anche nel caso di Elbasan, che vede in questa ricerca una prima proposta di recupero integrato, la priorità, sul piano metodologico, è stata tale: le strutture fortificate, analizzate e rilevate, saranno mantenute nello stato di fatto, senza integrazioni e/o ricostruzioni, conservando intatta la stratigrafia muraria e limitando gli interventi ex-novo a poche e ben definite opere di consolidamento. Nel contempo si è posto il problema di esaminare e veri? care le reali possibilità di recupero di un monumento di altissimo valore storico come quello della cinta fortificata di origine romana: un recupero che da un lato doveva confrontarsi con la conservazione non solo materiale ma anche formale delle parti superstiti, dall’altro doveva consentire una fruizione pubblica dell’impianto, trasformandolo da un inutile e antichissimo baluardo – ormai sentito come una sorta di obsoleto ostacolo allo sviluppo della città - in un monumento non solo direttamente fruibile dai cittadini, quindi vivo, ma anche in grado di rappresentare un prestigioso polo di attrazione culturale e turistica. Il progetto di restauro e valorizzazione. Il progetto, ora definito a livello di massima, ha cercato di ottemperare a tali esigenze. All’intervento conservativo sulle murature, da eseguire tramite metodologie sperimentate – nei rilievi è ben documentata la complessità e la varietà dei fenomeni di degrado -, si accompagna, infatti, la realizzazione di un sistema autonomo di camminamenti aerei, collegati da scale e protetti da pareti lignee sul fronte esterno, in grado di rendere fruibile gran parte del percorso sommitale delle cortine e delle torri. Un percorso che, una volta realizzato, non solo consentirà il diretto godimento delle mura da parte degli abitanti di Elbasan, ma anche offrirà a visitatori e studiosi la possibilità di osservare da vicino un monumento suggestivo e di grande interesse. Al riguardo, un “museo della città”, ubicato all’interno del torrione angolare nord-ovest, verrà a costituire un punto nodale di riferimento. L’uso di un materiale come il legno, che nel campo dell’architettura militare ha sempre presentato un carattere in qualche modo “provvisionale” (si pensi alle bertesche, ai cammini di ronda, alle torri d’assedio, etc.), consentirà poi di suggerire, in modo semplicemente propositivo, senza ricorrere a forzature strutturali o a inquietanti analogie, l’antico pro? lo dell’impianto. Un suggerimento in grado di restituire a Elbasan un’immagine più compiuta, in grado di richiamare le sue antiche origini castrensi sottolineate dalle sottili aperture nella ininterrotta paratia lignea sommitale, in qualche modo allusive alle antiche feritoie. Nel contempo, tale sistema dei percorsi aerei, frutto di un progetto in grado di sfruttare al meglio materiali e tecnologie dell’ingegneria moderna, verrà ad assumere una totale autonomia formale e strutturale nei confronti della testimonianza antica, consentendo così di evitare qualsivoglia compromesso, sia materico che funzionale.

Progetti di restauro e valorizzazione delle fortificazioni
Roberto Pierini
Premessa
La cittadella di Elbasan costituisce un vasto patrimonio storico e culturale di grande significato, in grave stato di degrado, una stratificazione di reperti di notevole importanza, un’insieme di monumenti, di architetture e di opere d’arte tali da meritare la loro conservazione togliendoli dalla attuale inefficace tutela passiva per attribuirgli il ruolo attivo di risorsa per la popolazione albanese. In questo scenario l’importanza del complesso monumentale delle mura ha richiesto, prima del progetto di restauro e di valorizzazione, di effettuare uno studio preliminare particolarmente accurato per conoscerne tutti i risvolti storici, archeologici, architettonici, geometrici e strutturali. Lo studio, che ha visto il coinvolgimento di un nutrito staff accademico pluridisciplinare (saperi scienti? ci) e di esperti professionisti del restauro (saperi esperti), è giunto alle seguenti conclusioni. La fortificazione ha un’impostazione planimetrica certa, riferibile al tardo periodo romano (? ne del IV sec.), per la quale ci sono molti interessanti indizi e relative scarse certezze su come era stata realizzata in origine nella parte sommitale che è stata più volte distrutta nel corso del medio evo, se non riferendosi a fortificazioni analoghe. La sommità della fortificazione risulta infatti ricostruita più volte nel tempo, l’ultima ad opera dell’esercito ottomano alla ? ne del XV secolo. In sintesi lo studio ha appurato che la ricostruzione eseguita dagli ottomani ricalca perfettamente quella romana, reintegrandone le parti danneggiate precedentemente e puntando al consolidamento dei torrioni e all’adeguamento delle aperture per ospitare le bocche da fuoco. Il progetto si propone di dare visibilità a tutto il complesso monumentale delle mura ma sopratutto di fare in modo che il progetto di architettura sia capace di evocare i significati e i fatti storici che la fortificazione riassume in se senza pretendere di darne una interpretazione autenticamente univoca pur rispettando sempre e comunque l’integrità del reperto storico archeologico. Si tratta in altri termini di ingenerare la convinzione che questo patrimonio può essere “gestito” dalla Municipalità di Elbasan nel più rigoroso rispetto degli indirizzi di tutela scientifica senza per questo rinunciare a far si che esso divenga fruibile da una vasta platea di potenziali visitatori siano essi turisti stranieri o albanesi, studenti o cittadini, e che tutti ne risultino arricchiti dal punto di vista didattico e culturale. Progetto “Mura Urbane”. L’idea di progettare un percorso di visita della sommità delle mura è nata proprio in seguito all’esplorazione della stesse e dei torrioni effettuata con il team dei laureandi che ha lavorato al rilievo del complesso difensivo. Constatato che vi erano gli estremi della fattibilità per poter realizzare un percorso sulla cortina ovest e sud delle mura, previa messa in atto di limitate opere di restauro, si è proceduto, alla formazione del progetto “Mura Urbane”. La restituzione grafica dello stato attuale della fortificazione, già rilevata scientificamente con la precisione del team che ha operato con il Laser scanner ed eseguito il rilievo fotogrammetrico, ha consentito, dopo un lungo e controverso dibattito e un’adeguata documentazione storiografica, di realizzare la progettazione del percorso sopra le mura con il criterio di non utilizzare direttamente le mura stesse per il passaggio ma creando una passerella in legno debitamente sospesa sopra le mura mediante semplici telai metallici. Il riferimento alla realtà storica è stato di tipo prettamente culturale, si è scelto infatti la strada di non avere la pretesa di rappresentare fedelmente un modello originale ma di reinterpretarne i significati comuni ai diversi periodi storici con opere di architettura. Lo studio dell’accessibilità ai disabili si è rivelato in? ne molto impegnativo, per l’esistenza di alcuni salti di livello delle mura attuali, tuttavia con alcuni accorgimenti è stato risolto positivamente senza procedere a alterare la consistenza attuale delle mura. Una parte importante del progetto ha riguardato in? ne la sistemazione dell’area antistante la fortificazione che opportunamente scavata ? no al livello originario contribuisce a rafforzare la percezione dell’importanza del castello come baluardo a difesa del centro città. Questa operazione comporta inoltre la simulazione della presenza dell’antico fossato che isolava il castello dalla campagna circostante. Progetto “Museo delle Armi”Una parte significativa del “progetto mura” è costituita dalla proposta di inserire dentro i torrioni d’angolo alle estremità Est e Ovest della cortina sul lato Sud due musei con scopo didattico entro i quali esemplificare il corredo di armamenti cui disponevano rispettivamente l’esercito romano nel IV sec. D.C. e l’esercito Ottomano nel XV secolo. Il progetto prevede di non impegnare le strutture antiche inserendo, all’interno delle torri, una struttura metallica autoportante che rifacendosi ad una più che probabile sistemazione interna sostiene alcuni ripiani in legno e vetro lasciando in vista le pareti interne del torrione; la copertura è stata prevista con solaio piano in legno e metallo nascosta alla vista dall’esterno. Il progetto si richiama idealmente alla funzione di ricovero del corpo di guardia, svolto all’interno dei torrioni d’angolo, ove attraverso scale in legno vi era la possibilità di accedere ai diversi piani intermedi dai quali, attraverso le aperture, poteva essere esercitato il tiro difensivo, rispettivamente con l’arco o con l’archibugio, e ancora accedere alla terrazza di copertura sovrastante le cortine murarie laterali da dove con vere e proprie macchine da guerra (balliste o bombarde, nel medioevo) potevano essere catapultati proiettili vari sugli eserciti nemici sfruttando il vantaggio di posizione.

Progetto “Porte d’Oriente e d’Occidente”
Con questo progetto si segnalano gli ingressi dell’antica via Egnatia nella Città di Skampini mediante la presenza della coppia delle torri di guardia alle porte oggi appena affioranti dal sottosuolo a seguito del rialzamento del livello del terreno dovuto alla sedimentazione dei detriti portati dal fiume Zaranika. A mio giudizio questa idea progettuale può produrre risultati impensabili nell’immaginario collettivo richiamando l’origine Romana della città. Come realizzare questa idea è stato un momento di discussione progettuale importante che ha coinvolto gli esperti e gli studenti che hanno visto emergere dagli scavi la parte bassa della torre ovest oggi portata in vista e recentemente anche la seconda torre presso la porta d’Oriente, due conferme concrete delle ipotesi fatte dagli studiosi e nel contempo una sensazione esaltante che solo in questo contesto culturale si è potuta realizzare così velocemente. In questo caso, dato lo stato del rudere, il modello di riferimento non poteva che essere il complesso della porta romana non esistendo alcun manufatto della successiva sistemazione ottomana. A conclusione della fase preliminare è stato stabilito che per rendere l’idea dell’importanza delle torri di guardia e della loro imponenza era opportuno materializzarle nuovamente, e ciò è stato fatto esemplificando due soluzioni progettuali alternative da sottoporre al dibattito degli esperti e dei cittadini. La prima prevede la realizzazione della coppia di torri, utilizzando materiali moderni quali ad esempio vetro e acciaio e fasci di luce che evochi il passato attraverso un forte effetto percettivo nell’osservatore, la seconda prevede il rialzamento delle torri, utilizzando pietra con texture, spessore, lavorazione e malta ben distinguibile dall’originale, in modo da sottolinearne chiaramente la contemporaneità della realizzazione, ma nello stesso tempo suscitare l’analogo effetto di soggezione che tali manufatti producevano nel viaggiatore che stava per entrare in città. Entrambi i progetti di massima, sono stati inseriti nella riorganizzazione degli spazi delle aree prospicienti le porte stesse prevedendo la demolizione dei fabbricati in gran parte fatiscenti e degradati senza alcun valore storico architettonico e la loro ricostruzione nell’ambito di un disegno organico dal punto di vista edilizio e urbanistico. Progetto “Porta Sud e Parco Archeologico.”Il criterio adottato per il progetto mura è stato mutuato per completare la parte anteriore della porta Sud che diviene l’elemento di maggior interesse per il collegamento con il nuovo centro urbano. In questo caso si è simulata la presenza, in acciaio e legno, della dell’antiporta non più esistente riferendoci al modello romano, interpretato liberamente con gli stilemi tipici di questa architettura, non essendo consigliabile richiamarsi alla porta ottomana in quanto sopra la porta era stata realizzata una moschea che è crollata agli inizi del ‘900 a seguito di un evento sismico assai distruttivo. Questo progetto si completa con la creazione di un riferimento formale ad un luogo chiaramente identificabile dalla cittadinanza come nuova centralità urbana (piazza) con annessa formazione di un parco archeologico urbano associato ai recenti ritrovamenti archeologici del Prof. H. Riza che hanno dato un contributo veramente originale alla ricerca. Si conclude queste note ricordando che, come i progetti di valorizzazione delle porte d’Oriente e d’Occidente richiamano la realtà romana, quello relativo alla porta Sud richiama la città ottomana essendosi questa sviluppata, nei secoli precedenti il novecento, in quella direzione. Dalle testimonianze del passato si trae dunque ispirazione per la rinascita della città del terzo millennio.

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